È morto Jannis Kounellis. Era nato 81 anni fa al Pireo, ma era romano d’adozione ormai da decenni. La sua storia d’artista resta profondamente legata all’esperienza dell’Arte Povera, di cui è stato uno dei più grandi rappresentanti.
Qui potete leggere una delle ultime interviste che ha rilasciato: l’abbiamo realizzata durante la sua importante mostra alla Monnaie de Paris pochi mesi fa.
LA MATERIA DELL’ARTE
Sostenitore di un approccio materico all’arte, Kounellis fece il suo debutto sulla scena artistica italiana usando il mezzo pittorico come immediato canale di espressione di un linguaggio improntato all’immediatezza, reso più sfaccettato, negli anni, dal ricorso a un pratica installativo-performativa di grande impatto visivo e concettuale. Dalla mostra di debutto alla Galleria La Tartaruga di Roma alle esposizioni più recenti (risale appena ad ottobre la personale nella sede capitolina di Gavin Brown’s Enterprise), la poetica di Kounellis si è arricchita di uno sguardo più attento, e certamente più disincantato, nei confronti della materia, organica per lo più, vera protagonista dei suoi interventi. Il legame con l’aspetto terragno, tangibile, dei materiali utilizzati ha reso Kounellis uno degli esponenti di punta del movimento poverista, etichetta che lo ha accompagnato fino al termine della sua esistenza.
POVERISMO E DINTORNI
Durante gli anni caldi del poverismo, Kounellis fu protagonista di numerose mostre al di là e al di qua dell’oceano, ospite delle sedi “nevralgiche” di allora – dalla Galleria L’Attico di Roma a Christian Stein a Torino fino alla Sonnabend di New York. Degne di nota anche le sue incursioni nel teatro, al confine tra scenografia e pittura, con un occhio sempre rivolto all’atto performativo. Basti pensare al lavoro realizzato per il Deutsches Theater di Berlino all’inizio degli Anni Novanta, in occasione della messa in scena orchestrata da Heiner Müller.
LA COMPONENTE PUBBLICA
L’interazione con il pubblico, spettatore o, ancora meglio, attante, resta la cifra essenziale della poetica di Kounellis, recentemente autore dell’installazione nella metropolitana di Napoli (Stazione Dante): le immancabili scarpe e gli altrettanto iconici accessori di abbigliamento intrappolati sotto una fila di rotaie, a simboleggiare il transito perenne dei viaggiatori, ancorati, però, alla peculiarità del mezzo di trasporto. Sempre a Napoli, ma sul finire degli Anni Novanta, Kounellis installò un “mulino a vento” su un traliccio dell’elettricità, in via Ponte di Tappia, nei Quartieri Spagnoli, innescando una sottile e amara ironia visiva fra contesto e opera.
UN’ARTE CORAGGIOSA
L’allusione alla presenza umana, spesso amaramente svuotata della sua essenza, è un elemento ricorrente negli interventi di Kounellis, come dimostrato dalla teoria di cappotti, disposti in file geometricamente studiate e in ordine definitivamente caotico sul pavimento dell’ex fabbrica di cioccolato Red October a Mosca nel 2011 e nella collezione del Castello di Rivoli. “Sono un vecchio Ulisse senza Itaca innamorato della pesantezza dell’arte”, affermava Kounellis in un’intervista pubblicata da La Repubblica lo scorso luglio e, a fronte della sua scomparsa, l’imminente Biennale diretta da Christine Macel dovrebbe mettere in cantiere un omaggio a un artista che è stato capace di affrontare la “pesantezza” con uno sguardo lucido e con un coraggio invidiabile.
– Arianna Testino
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